La conoscenza di un territorio e dei suoi valori identitari costituisce non solo il fondamento di un sentimento di appartenenza per le comunità che vi risiedono, ma anche il presupposto per un reale apprezzamento e per una consapevolezza del valore, collettivo e individuale al tempo stesso, del patrimonio culturale locale, oltre che una condizione essenziale per la sua tutela e per la sua rinascita economica e sociale.

Knowing a country and its identity values is both the basis for a sense of belonging for local communities and the prerequisite for an appreciation and a true understanding of the single and collective importance of the cultural and territorial heritage. It is, moreover, the necessary condition to promote its protection and economic and social revival.

domenica 30 dicembre 2012

San Silvestro: a Sessa Aurunca e Carinola è tempo di "buco-buco"


Gli strumenti popolari del "buco-buco"
in senso orario: il "putipù", il "triccaballacche" e la "tammorra".



Oggi è calato l’anno vecchio
e domani è l’anno nuovo
comm ce simm’ arrivati avuanni
ci arriveremo a ccà e cient’anni.

Con questa quartina ripetuta tre volte, continuata poi da un’altra contenente l’invocazione alla Vergine Maria perché liberi le case ed i paesi da malanni e da guai, termina il canto augurale del “buco buco”.
Un canto che la sera di San Silvestro, ultimo giorno dell’anno, attraverserà le campagne dell’agro sessano e carinolese, un canto augurale le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Si è ipotizzato addirittura la nascita di questo canto propiziatorio nell’Alto Medioevo quando i pellegrini attraversavano le nostre campagne per arrivare nelle Puglie e da lì imbarcarsi per la Terra Santa.
Un canto orale, tramandato di generazione in generazione e che, per questo, oggi trova alcune varianti tra quelli eseguiti in alcune frazioni di Sessa Aurunca, come a Lauro e San Castrese o Cascano oppure nel carinolese dove a Casanova assume il nome di “buche buche” ed a Casale dove è chiamato “santo Suliviesto”, cioè San Silvestro.
Ad eseguirlo formazioni musicali che si aggregano spontaneamente, senza un organico prestabilito, accompagnate da strumenti semplici, opera alcune volte degli stessi suonatori: troviamo così il “putipù”, una sorta di cassa di risonanza formata da un recipiente, una piccola botte, coperto da pelle con al centro un bastone in legno che frizionato emette un rumore cupo; il “triccaballacche”, tre martelli in legno che azionati tra di loro, i laterali contro il centrale, emettono il rumore caratteristico; lo “scetavaiasse”, formato da due bastoni in legno di cui uno liscio e l’altro con piccoli denti su di lato e cimbali sull’altro, ed ancora “tammorre”,"tac-tac" e "castagnette", a volte integrati da strumenti musicali più moderni: mandolino, chitarra e fisarmonica.

Il canto del "buco-buco" in occasione della presentazione del volume
 "Il buco-buco. Un canto della tradizione popolare aurunca tra storia e leggenda",
Carinola, 22 dicembre 2012

Il canto è sicuramente, come tutti i canti natalizi che ancora sopravvivono al sud, un canto di questua, ma ancor di più “un canto di esortazione alla redenzione spirituale”.

Il recente saggio a cura di Caterina Di Iorio e di Giovanni Loffredo “Il buco-buco. Un canto della tradizione popolare aurunca tra storia e leggenda” contribuisce in maniera determinante alla conoscenza ed alla comprensione di questa manifestazione folkloristica e quindi al suo recupero, conservazione e valorizzazione.

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